Descrizione
Per iniziare le chiedo di descrivermi quello che vede dalla finestra della camera in cui ora vive: un centro di addestramento militare. Se la apre, poi, si sentono gli aerei in volo – lì vicino c’è anche una scuola per i piloti. Ma questo, oltre i cartelloni affissi per strada con campagne di raccolta fondi per i soldati al fronte, è il massimo della “sensazione di guerra che si percepisce”. La guerra, a Kaliningrad, fa appena da sottofondo: è un’exclave, cioè un pezzo di territorio russo nel pieno dell’Europa che parla poco dell’invasione della Russia in Ucraina. C’è come una sorta di “tacito accordo”. Però si prega molto: per la pace, per le vittime, per i civili che sono a casa e per chi è in guerra.
Gloria Vincenti ha 32 anni, è perugina, e si trova proprio in quel lembo di terra tra la Polonia e la Lituania per portare avanti la missione per cui è stata chiamata: evangelizzare, vale a dire, portare il cattolicesimo tra la gente russa. Quando le chiedo di mandarmi delle foto da allegare a questo articolo – ne bastano due o tre che la ritraggono – lei me ne manda quindici, e sono foto di paesaggi, enormi chiese ortodosse, collezioni di matrioske dentro i negozi, case colorate e scaffali di cibo al mercato. “Kaliningrad è una bella città – mi racconta - Ci sono i vialoni pieni di alberi, strade larghe e lunghe come quelle delle nostre grandi metropoli e poi in ogni condominio ci sono aree per bambini. Ovviamente è freddo in questi mesi ed è arrivata anche la neve, ma si sopporta bene grazie ai riscaldamenti nelle case e nei luoghi pubblici ad alte temperature”. Nonostante il freddo pungente, l’accoglienza in città è stata calda: abbracciata da sorrisi, più che da parole, perché imparare la lingua è complicato e comunicare al momento le risulta quasi impossibile. “L’alfabeto cirillico mi mette in crisi – spiega Gloria – alcune lettere sono uguali a quelle italiane però corrispondono a un suono diverso”. È per questo che tra i tanti impegni della vita missionaria ha inserito anche lezioni private di russo.
Perché proprio in Russia per evangelizzare? “Non puoi decidere tu la destinazione della missione – mi racconta – è tutto affidato a un progetto divino più grande di te e che non puoi controllare. Sapevo solo di voler lasciare Perugia per evangelizzare”. E quindi, dal suo cammino di fede nel quartiere perugino di Prepo si affaccia al mondo dei missionari itineranti: è durante una delle loro riunioni che parteciperà a una vera e propria estrazione per capire quale Paese l’avrebbe attesa. Per chi non conosce questa realtà tutto ciò potrebbe sembrare follia: decidere di partire senza conoscere prima la meta e vivere “di provvidenza”, come descrive bene Gloria: “Si vive di quello che le comunità di riferimento in patria mandano nel Paese in cui si trova chi va in missione, attraverso collette di tutto ciò che serve”.
A Kaliningrad ci sono due comunità di cristiani cattolici, nelle quali vivono quattro famiglie in missione – due statunitensi e due spagnole. Da un lato conducono una vita comunitaria, dall’altro portano avanti il loro progetto di evangelizzazione. Gloria, insieme ad altre tre ragazze, si prende cura di queste famiglie: prepara i pasti, accudisce i bambini, svolge le attività domestiche e partecipa alla vita comunitaria – fatta di messe, condivisione di esperienze, domeniche trascorse insieme, e così via. “Non ci sono molte chiese cattoliche, sono quasi tutte ortodosse. Ed è per questo che evangelizzare è necessario. Manca il cattolicesimo in questa cultura”.
Aggiunge poi: “C’è poco tempo per svagarsi o riposarsi, però sono felice così: mi sento piena”. Ha le idee chiare, ma anche molto spazio per i cambi di rotta, come spesso è accaduto nella sua vita. Con grande ascolto di sé stessa è riuscita a coglierli: come nel 2023, quando – dopo aver già concluso da anni un percorso triennale in Scienze dell’Educazione all’Università di Perugia – decide di intraprendere un nuovo cammino universitario, iscrivendosi alla magistrale a ciclo unico in Formazione Primaria.
Gloria è energica, e questa energia la trasmette anche con i messaggi vocali alle 5.30 del mattino – orario russo - quando le chiedo di raccontarmi qualcosa in più delle sue passioni. “Se c’è una cosa che veramente mi manca è ballare e andare in giro per l’Italia ai vari Festival”. Mi racconta che ha iniziato con il boogie-woogie, poi l’hip-hop, e da lì “è finita in un tunnel”: lindy hop, vernacular jazz, balboa, rock and roll. Le chiedo allora quanto tempo ancora resterà lontana dal ballo. Il ballo può aspettare, dice, per ora c’è un altro ritmo da seguire. Tornerà a Perugia per le vacanze natalizie e poi ripartirà: “Ogni tre mesi sarò in Italia per via del visto che me lo impone. Ma comunque ho intenzione di portare a termine l’anno che mi sono prefissata in Russia”. Mentre l’ascolto nei quarantaquattro minuti di vocali percepisco che non è il tempo a guidare le sue scelte, ma la fiducia: quella che l’ha portata lontano da casa e che oggi le permette di vivere questa esperienza senza paura. Il ballo tornerà: per ora, il suo palcoscenico è a Kaliningrad.
Arianna Sorrentino





