Ritrovarsi: la Madonna del Melograno di Gubbio

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Il ritorno della Madonna del Melograno: storia di un furto, un ritrovamento e l'identità ritrovata di Gubbio.

Data:

24 Giugno 2025

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Madonna del Melograno di Gubbio

Descrizione

Nel dicembre scorso ho avuto la possibilità di andare a vedere alla pinacoteca di Gubbio la Madonna del Melograno. L’opera venne rubata nel 1979, in quello che i giornali dell’epoca definirono come un “audace furto”, poiché i ladri, di notte, si calarono da una delle finestre del Palazzo dei Consoli (dove ancora oggi è situata la pinacoteca comunale) ad un’altezza di trenta metri. La notizia del ritrovamento, avvenuto grazie all’ultimo possessore dell’opera, che ne riconosceva subito l’importanza avvisando i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Bologna, è stata motivo di grande gioia non solo per il Comune di Gubbio, ma anche per tutta la comunità eugubina, la quale ai tempi venne fortemente segnata dall’evento. 

Il ritrovamento veniva così annunciato dall’ufficio stampa del Comune:

“Il furto della Madonna del Melograno non fu soltanto la sottrazione di un’opera d’arte, ma una profonda violazione dell’identità culturale del popolo eugubino: per dar voce alla gioia di un’intera comunità per la riappropriazione di questa bellissima opera, il campanone, alle 19, suonerà a festa”.

Tutto questo entusiasmo ha suscitato il mio interesse: come può la perdita di un quadro, seppur importante, segnare un’intera comunità? In preda alla curiosità ho colto la possibilità di andare a vedere l’opera con i miei genitori, i quali, al tempo del furto, erano poco più che ventenni. La tavola, in occasione del ritrovamento, era eccezionalmente esposta al centro della Sala dell’Arengo del Palazzo dei Consoli, accompagnata da una musica di sottofondo e circondata da pannelli che narravano la vicenda del furto, spiegavano l’opera e la sua origine. L’opera, risalente al XV secolo, è attribuita alla scuola di Filippo Lippi, in particolare a Pier Francesco Fiorentino, e raffigura la Madonna con il Bambino, il Battista e un piccolo melograno alla sinistra. I personaggi, immersi in uno sfondo scuro, spiccano per la brillantezza dei colori e la plasticità nelle forme.

Dopo un’attenta osservazione del quadro faccio un giro per la sala, leggo le descrizioni e la storia della tela, osservo le persone che ammirano l’opera, sento il brusio dei turisti fortemente incuriositi dalla vicenda del furto, ma ancora non riesco pienamente a capire il perché si sia parlato di “violazione dell’identità culturale della città”. Seguo i miei genitori che decidono di rivedere ancora una volta il quadro prima di uscire: li osservo e li vedo fortemente commossi. Mia madre, che nota la mia leggera e innocente perplessità, mi prende sottobraccio e mi dice: “È come tornare indietro di quarant’anni e ritrovare un vecchio amico che non pensavo di rivedere mai più”. 

Quando i miei genitori erano piccoli venivano spesso portati alla pinacoteca comunale e la Madonna del Melograno veniva presentata dagli insegnanti e dalle guide come il quadro più bello e importante di tutta la collezione, un simbolo con cui la città veniva riconosciuta e apprezzata anche fuori. Aggiunge mio padre orgogliosamente: “La Madonna del Melograno è proprio bella! Ce l’avevamo solo noi e per noi era motivo di vanto. Tu sapevi che eri là ed eravamo fieri di avere tutti una cosa bella. Quando ce l’hanno portata via, hanno portato via un pezzo di noi, ci hanno privato di una cosa bella che era di tutti”.

Con questo piccolo ma significativo scambio riesco finalmente a capire quell’entusiasmo che inizialmente mi sembrava eccessivo: non è stato il semplice compiacimento o la soddisfazione di essersi riappropriati di un’opera di valore, ma è stata la gioia vera e la commozione di aver riportato a casa un simbolo e una parte della comunità, la stessa che aveva deciso di fondarsi, con orgoglio, su ciò che è bello e che è di tutti. 

Gloria Sannipoli

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Ultimo aggiornamento: 24/06/2025, 16:10

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