Descrizione
Lorenzo Barone, ventottenne di Sangemini, è un ragazzo che ha come passione gli sport tra cui il parkour e le avventure in viaggio a propulsione umana senza motore come kayak, sci e remi. Ma è grazie alla bici che a diciotto anni, nel 2015, scopre la sua vocazione. Prima solo con brevi spostamenti di vita quotidiana e poi arrivando a coprire distanze sempre più lunghe, fino ad arrivare in Portogallo e tornare riuscendo a coprire quasi 8mila chilometri in ottanta giorni.
In dieci anni è diventato popolare su Instagram dove moltissimi lo seguono per i suoi continui progetti e viaggi.
Noi del Magazine Umbria Giovani abbiamo avuto il piacere di intervistarlo e chiedergli alcune curiosità sulla vita sempre al fianco della sua bicicletta.
Ciao Lorenzo, a parte il tuo primo viaggio in Portogallo che altre esperienze hai fatto? E come sono state?
“In questi anni ho fatto varie avventure in bici per un totale di oltre 110mila chilometri attraverso sessantacinque paesi. Tra le più simboliche sono state per me la traversata dell'Africa e dell'Asia, dal Sudafrica alla Mongolia, tre viaggi in Yakutia con temperature minime che hanno raggiunto i -56°C e una traversata in Ciad nel Sahara a giugno per attraversare la depressione di Bodélé. Inoltre durante le prime esperienze di viaggio, ho visitato e attraversato più o meno tutta l'Europa in lungo e in largo”.
Qual è stato il Paese che ti ha lasciato più senza parole?
“Tutti i Paesi mi hanno affascinato, alcuni sicuramente di più altri di meno. È soprattutto il modo in cui li vivi e non il luogo in sé per sé a fare la differenza ma se proprio devo citarne alcuni mi sono rimasti sicuramente impressi il Marocco con le montagne dell'Atlante e una parte nel deserto al confine con l'Algeria. Poi l'Islanda in Europa è uno dei luoghi che mi affascina di più assieme alla Lapponia e ai fiordi norvegesi, la Yakutia per le sue condizioni climatiche particolari, il Borneo con la sua vegetazione fitta, alcune zone dell'Africa come la Namibia, la Tanzania, l'Etiopia con le montagne e la giungla”.
Quanti chilometri facevi in media ogni giorno? E per dormire come ti organizzavi?
“I chilometri percorsi giornalmente variavano molto in base alle condizioni e al peso della bicicletta. Le distanze più brevi che ho coperto sono state di circa cinquanta chilometri al giorno in Yakutia con temperature che oscillavano tra i meno 40 e meno 56°C spingendo una bici di circa 75 kg. Le distanze massime che ho coperto, invece, sono state attraverso i Balcani da Istanbul a Trieste, duecento chilometri di media al giorno con circa 17mila metri di dislivello positivo perché avevo deciso di spingere un po' più del solito. Per quanto riguarda il dormire in tutti i miei viaggi porto semplicemente tenda materassino e sacco a pelo indipendentemente dal clima in cui mi trovo”.
Parlaci del Progetto ‘Dust-La via della sabbia’. Abbiamo visto dal tuo profilo Instagram che è iniziato da qualche giorno.
“È la traversata di quattro dei più grandi ecosistemi del nostro pianeta che sono il deserto del Sahara, l'Amazzonia e le Ande, ovviamente tutti fatti a propulsione umana incluso l'Oceano Atlantico che farò con una barca a remi in solitaria. L'obiettivo è quello di ripercorrere il viaggio che milioni di tonnellate di polvere fanno ogni anno fertilizzando l'Amazzonia, raccogliere dei campioni per uno studio scientifico e condividere l'esperienza per mostrare la connessione tra ecosistemi che c'è sul nostro pianeta”.
Hai mai pensato durante un viaggio o un'esperienza di mollare?
“Tra i viaggi che ho fatto ho deciso di mollare poche volte. Una nel 2017 perché non trovavo più un motivo nell'andare avanti trovandomi in Russia diretto verso l'Asia, poi un’altra nel 2022 quando ero in Mongolia a causa della mobilitazione e la guerra in Russia e infine in Norvegia nell'artico in kayak dove ho semplicemente cambiato la meta perché i rischi che percepivo di correre erano troppo alti”.
Hai fatto esperienze anche con eventuali altri mezzi, abbiamo visto
“Ho fatto tanti viaggi in bici, poi per non limitare le esperienze che stavo vivendo ho iniziato a utilizzare altri mezzi come gli sci attraverso l'Islanda e la Svezia, il kayak attraverso i fiordi norvegesi, mentre lo scorso inverno ho fatto un viaggio in Italia dove ho aggiunto arrampicata, alpinismo, canyoning e speleologia”.
I tuoi genitori cosa pensano di questa tua passione e di queste tue esperienze?
“I miei genitori non mi hanno mai messo i bastoni tra le ruote ma ho dovuto trovare il modo di arrangiarmi autonomamente perché inizialmente avevamo visioni leggermente diverse sul mio futuro. Ora mi supportano moralmente anche se soprattutto mia madre è spesso preoccupata”.
Com'è vivere sempre in giro?
“Durante i miei primi viaggi partivo alla ‘Into the Wild’ senza un obiettivo chiaro o una meta prefissata da raggiungere mentre da circa sei anni cerco sempre di immaginare, creare e avviare dei progetti che abbiano un senso o uno scopo oltre al semplice viaggio in sé e questo credo sia la grande differenza tra viaggiare o vagabondare e fare avventure o spedizioni. In entrambi i casi c'è il fascino nell'esperienza che si vive ma credo che tutto abbia un proprio tempo per essere sperimentato e vissuto, per lo meno per me. Prima o poi comunque mi fermerò perché anche ciò che faccio ora deve avere un proprio tempo”.
Allora ti chiediamo come ti vedi nel futuro
“Nel futuro mi vedo vivere una vita tranquilla in una casa in montagna con l'orto e le galline, in contatto con la natura”.
Marco Schiavoni





