Amare in un luogo senza amore. La casa circondariale di Terni apre i suoi cancelli a UmbriaLibri

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Nella giornata di venerdì 28 novembre si è aperta, presso la casa circondariale di Terni, l’edizione ternana di UmbriaLibri 2025.

Data:

05 Dicembre 2025

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Nella giornata di venerdì 28 novembre si è aperta, presso la casa circondariale di Terni, l’edizione ternana di UmbriaLibri 2025. Fabio Gianfilippi, magistrato di sorveglianza nonché autore di pubblicazioni su diritti dei detenuti e su percorsi alternativi alla detenzione, e Donatella Stasio, giornalista ed ex portavoce della Corte Costituzionale, hanno presentato l’ultimo libro di quest’ultima L’amore in gabbia. La ricerca della libertà di un reduce dal carcere (Castelvecchi). L’evento in questione era riservato alla comunità interna della struttura e alla stampa.

UmbriaLibri, per questa sua edizione, ha scelto di tappezzare la città con delle locandine blu elettrico, lo stesso che posso ritrovare nelle grate e nelle porte in ferro dell’ala della struttura in cui è organizzato l’incontro. Per chi scrive è il primo ingresso in un carcere. Attraverso i cancelli che dividono i corridoi, attraverso i controlli, ho lasciato il cellulare in macchina e non porto nulla di elettronico, ho con me un’agenda e una biro nera. Mi interrogo sull’ossimoro di parlare d’amore in un luogo che è privazione, punizione, che vive la crisi del sovraffollamento.

Sono le istituzioni a rompere il ghiaccio. Inizia Olimpia Bartolucci della Regione Umbria: “Vogliamo che questo sia un ponte tra lettori interni ed esterni alla struttura, dobbiamo contribuire ad abbattere i pregiudizi, come comunità dobbiamo essere pronti ad accogliervi”. Mentre il consigliere regionale Francesco Filipponi sottolinea la funzione di reinserimento che le strutture come questa dovrebbero avere: “Partire da qui è un segnale alla popolazione di Terni, città dove è stata aperta la prima stanza affettiva in Italia”. Da qualche mese c’è la possibilità per i detenuti, al netto dei requisiti e di perquisizioni pre e post incontro, di trascorrere due ore assieme alla compagna in una stanza senza telecamere né secondini, con la porta chiusa anche se non a chiave.

Fabio Gianfilippi ricorda: “La storia dei sopravvissuti è sempre importante raccontarla. Nella fatica della quotidianità, un libro può sembrare un di più, ma un libro dà libertà dove libertà non c’è. Un pensiero o una storia letti possono essere condivisi o tenuti dentro, possono cambiare la vita”. L’amore in Gabbia è un libro “difficile da inquadrare - come dicono i relatori – è un saggio, ma anche cronaca di redenzione”, quella di Gianluca che nasce nel 1975, lo stesso anno della legge penitenziaria, la prima, che fissa la funzione rieducativa e di reinserimento sociale della pena. Perde il padre in tenera età e la madre per mantenere i tre figli lavora tutto il giorno. Gianluca cresce con le regole della strada e del quartiere, ad un certo punto della sua vita incontra il carcere. Alla fine è riuscito a reinventarsi, ora è un piccolo imprenditore, questo gli permette di riflettere sul suo passato.

“L’oggetto del libro è l’amore - dice Donatella Stasio - e il peso politico dell’amore in una democrazia”.
Gianluca e Donatella si conoscono nel 2005, durante la stesura del precedente libro Diritti e castighi. Dopo la sentenza numero 10 della Corte Costituzionale del 2024, che ha dichiarato l'illegittimità del divieto di colloqui intimi in carcere, lei lo ricontatta per raccontarne la storia.“Mi chiedevo perché avrebbe dovuto riaprire la stanza dei ricordi dolorosi”, si interrogava Donatella. Lui la spiazzò: “Lo faccio non solo perché ne ho bisogno. È che ho ricostruito la mia persona, sebbene il passato sia ancora una zavorra”. 

Tramite Gianluca l’autrice ha voluto affrontare quella che definisce la desertificazione affettiva, un vuoto e una mancanza della comunicazione affettiva che riguarda tutto il mondo: “Oggi ha più spazio il gesto, una reazione distruttiva, le paranoie, l’impulsività. Cose che hanno conseguenze non solo nelle relazioni ma anche sulla convivenza civile. Non è detto che i modelli affettivi che offre la famiglia siano sufficienti o adeguati, anche i soggetti istituzionali, i luoghi di socialità, i quartieri, i luoghi di cultura tutti devono riempire il vuoto affettivo”.

Quanto accaduto in mattinata non è stata la classica presentazione a una platea di uditori, bensì uno scambio reciproco e sincero, come sincero è il legame tra reclusi e una professoressa, quasi commossa, della scuola interna al carcere, Claudia Cianca: “Deve essere un momento di speranza, ognuno di noi può essere protagonista di una storia con schiarite”. L’insegnante sottolinea il gesto di cura di Gianluca: “Le cure a volte sono dolorose, il carcere dovrebbe avere funzione curativa invece resta afflittivo”.

Alcuni pezzi del libro sono stati infatti letti durante le ore di scuola, questo ha permesso ai detenuti di metabolizzare per poi intervenire ed esprimere il loro pensiero, c’è chi confessa che la propria vita ricalca un po’ quella del protagonista, non tanto negli sbagli, quanto per il vuoto affettivo percepito di cui parla la scrittrice. A colpire particolarmente una testimonianza: “Sono stato il primo a poter utilizzare la nuova stanza, una breccia importante, ma come Gianluca mi interrogo su come si faccia ad amare in un luogo senza amore. Non l’ho mai utilizzata per rispetto della persona che dovrebbe subire, tra le altre cose, tanti controlli per entrare. Non è solo la sessualità che ci manca, ma anche il diritto all’affettività e il rapporto con i cari. Veniamo giudicati per quello che siamo stati”.

Luca Proietti

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 05/12/2025, 12:33

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